Preambolo
Negli anni ’80 l’Aeronautica Militare era impegnata in esercitazioni con la Marina per verificare se le nuove portaelicotteri (Garibaldi in corso di allestimento e Mazzini ancora da costruire) avessero bisogno di propri aerei d’attacco imbarcati o se bastasse, invece, la copertura aerea fornita dall’Aeronautica Militare dalle basi dislocate lungo le coste della penisola.
Nella primavera del ’82 due squadriglie di F-104S del 155* Gruppo, le “Pantere Nere” basate a Istrana, nel trevigiano, erano state rischierate nella base di Gioia del Colle, Puglia, per effettuare degli attacchi simulati alla nostra flotta in navigazione nel Mar Ionio: Esercitazione “Mare Aperto”.
Io ero uno di quei piloti scelti per le operazioni TASMO (Tactical Air Support for Maritime Operations), che in quegli anni erano di routine.
Fra un attacco e l’altro in alto mare, condotti normalmente con 4-6 velivoli, c’era anche il tempo per qualche volo BBQ (volo a bassissima quota) per mantenere l’addestramento individuale nella navigazione e attacco di obiettivi terrestri, ruolo primario assegnato al 155* Gruppo.
Il fatto.
Un giorno mi fu assegnata una missione verso sud, l’obiettivo era un ponte ferroviario in Aspromonte e sarebbe stato un volo con velivolo singolo.
Preso il “Folder” già pronto per quella missione, controllato il percorso sulla mappa tattica (tagliata in modo tale da sfogliarla come un block notes), studiati i vari punti di navigazione, i tempi di percorrenza calcolati fra loro e l’orografia del terreno, calcolai che per coprire l’intero percorso, poco più di 600km, attacco e manovre evasive comprese, avrei impiegato circa 45 minuti, a cui dovevo aggiungere il tempo per arrivare dal decollo al primo punto di navigazione e la procedura di rientro alla base.
Considerando che la configurazione fissa dei velivoli per le missioni “Mare aperto” prevedevano due serbatoi alle estremità alari (Tips) e altri due sotto le ali (Pylons) per garantire oltre un’ora e mezza di autonomia, per il mio volo sarebbe bastato il carburante dei serbatoi interni e quello nelle Tips. I Pylons vuoti e il peso extra di carburante avrebbero simulato il peso e la manovrabilità dell’aereo come se avessi il vero carico bellico, che ovviamente non c’era.
Le condizioni meteo erano buone, nessun NOTAM lungo la rotta (avvisi per i piloti), equipaggiamento a posto e salutai gli altri: Ci vediamo al Circolo! dato che sarei tornato in tempo per il pranzo alla mensa ufficiali, dove si mangiano delle mozzarelle strepitose.
Vado quindi all’aereo e terminati i controlli, mi allineo in una delle due piste parallele di Gioia e decollo selezionando full a/b (massima potenza con post bruciatore inserito).
Un bel calcio mi dice che il motore spinge come dovrebbe, velocità al cartello della X, 2000 piedi dopo l’inizio pista, indica 120 kts … accelerazione ok; rotazione a 160 kts e a 175 kts lo Spillone (F-104) prende il volo con il suo solito entusiasmo.
Carrello su, flaps su e, dopo aver “pulito” l’aereo e accelerato alla velocità di navigazione tattica, inizio ad assaporare la famigliare adrenalina tipica del volo a 450 kts (830 km/h) mantenendo i 500 ft dal suolo (150 mt) lungo la rotta pianificata: ecco il primo punto di virata… prua/cronometro … altro punto di vitata … prua/cronometro … un altro punto di virata … e la Basilicata passa via in fretta, proseguendo poi la navigazione verso la punta dello Stivale.
Trovata la ferrovia e individuato il ponte sopra il fiume, lo “centro” con le bombe sganciate per finta e dopo un paio di virate strette per simulare l’evasione dalle difese nemiche, inizio il rientro lungo la rotta dalla parte ionica … punto di virata … prua/cronometro …
La navigazione prevede di sorvolare un punto ai bordi di un piccolo centro abitato vicino alla costa ionica, piccole case bianche dai tetti piatti, poche strade e qualche migliaio di abitanti in tutto, Sibari.
Superato questo punto proseguo verso nord/est, la costa scorre veloce alla mia destra e 10′ minuti dopo sono già in contatto con il controllore di Gioia al quale chiedo un avvicinamento GCA (Ground Controlled Approach).
Seguendo i comandi impartiti dall’operatore, seduto alla consolle del radar di precisione, simulo un avvicinamento in cattive condizioni meteo, tengo quindi lo sguardo fisso sugli strumenti e, obbedendo alle istruzioni che mi arrivano in cuffia dal radar, aspetto che la pista appaia sotto il carrello già abbassato e concludo felicemente il volo posandomi sulla pista alla quale ero stato guidato.
Credevo che fosse andato tutto bene … ma non era così.
Dopo l’atterraggio, rullando verso la piazzola di parcheggio, resto sorpreso nel vedere altre figure in attesa accanto al Capo Velivolo che mi stava aspettando, alcune in divisa e altre in tuta da volo.
Spengo, metto in sicurezza lo Spillone e appena sceso dalla scaletta mi viene incontro il mio Com.te di Gruppo (Valter), accompagnato dal Com.te di Stormo e l’Ufficiale di Sicurezza Volo.
Ahi ahi ahi … guai in vista!!
Sudato e con il casco ancora in mano, apprendo che durante il mio volo avrei tranciato i fili che danno corrente a tutta Sibari, fatto cadere, ustionandolo, un signore che stava sul tetto e infine tutto il paese era testimone di avermi sentito passare (compresi i carabinieri).
Per fortuna il tetto era basso e cadendo la persona aveva riportato solo qualche escoriazione e bruciature superficiali.
Ma come potevano essere sicuri che fossi stato proprio io a causare tutto questo?
Avevo portato a termine una missione di volo a bassa quota, seguito il percorso pianificato, non avevo fatto deviazioni e non avevo infranto nessuna regola!
Le prove
Verso l’ora di pranzo molte persone si trovavano già a casa e alle 12:00 in punto, durante la sigla del Tg1 flash, la luce era andata via, le tv si erano spente e tutti poterono udire il rumore sovrastante di un aviogetto che passava…. il famoso “urlo del contribuente”, tipico rumore ululante del J-79 che spinge il 104.
1 + 1 = trovato il colpevole!
La persona che si trovava in quel momento sul tetto aveva in mano il cannello del gas acceso e stava sciogliendo il catrame per impermeabilizzare il tetto. Improvvisamente si era visto arrivare un proiettile sulla guaina fusa davanti ai suoi piedi, provocando degli schizzi incandescenti che, bruciandogli la canottiera, l’aveva sbilanciato facendolo cadere dal tetto.
I carabinieri si erano attivati immediatamente e fatto partire l’indagine.
In pochi minuti erano arrivati all’Ufficio Comando del 36* Stormo di Gioia del Colle, sede di due Gruppi di F-104S (il 156* e il 12*) e, temporaneamente, dei nostri 8 Spilloni rischierati per l’esercitazione.
Un rapido controllo dell’Ufficio Operazioni su chi era/dove in volo in quel momento e tutti gli indizi convergono presto su di me.
Tutto combaciava: il luogo e l’ora precisa (ed io ero stato preciso a passare la sopra proprio a mezzogiorno), poi c’erano le testimonianze di chi aveva sentito il rumore del mio passaggio durante il Tg interrotto e la persona sul tetto ….insomma, c’erano pochi dubbi.
Il Com.te di Stormo, mi disse di considerarmi agli arresti domiciliari, sarei quindi dovuto restare in cameretta fino a nuovo ordine, in attesa che arrivasse il giudice istruttore per l’interrogatorio…. quindi, niente mozzarelle.
Anche l’aereo sarebbe stato agli “arresti domiciliari” e portato dentro in uno degli shelter (rifugi corazzati per aerei) con le porte chiuse e piombate affinché nessuno potesse metterci le mani fino a conclusione delle indagini.
Che diavolo avevo mai combinato!!? Non mi veniva in mente niente che potesse far pensare a una cosa del genere.
Valter, il Com.te di Gruppo, era preoccupato per me ma anche per il resto del Gruppo e, accompagnandomi alla palazzina dove avrei lasciato l’equipaggiamento di volo, cercava spiegazioni che non ero in grado di dare: Dai, a me lo puoi dire, che cosa è successo veramente?
… incredulo e confuso mi chiusi in camera coi miei pensieri, cercando di rivivere tutto ciò che ricordavo di quel volo.
Il giorno dopo arriva in aeroporto l’incaricato dell’interrogatorio; già dalle prime domande capimmo subito che non era né un esperto e neanche un curioso di aviazione, tantomeno di quello militare.
L’interrogatorio.
Non ricordo le parole esatte, ma il tono delle domande e risposte furono:
D.
Tenente, passando così basso su Sibari lei ha violato ogni norma di sicurezza; ha perfino interrotto la linea elettrica di tutta la zona!!
R.
Se così fosse, Sig. giudice, ci sarebbero i segni sull’aereo dell’impatto coi cavi elettrici.
D.
Beh vedremo, in ogni caso credo che lei abbia tranciato i fili ed era così basso che ha perfino ustionato la persona sul tetto con i gas di scarico del suo aereo!
R.
Sig. giudice, sono sicuro di non aver tagliato nessun filo, me ne sarei accorto e alla velocità alla quale stavo volando, è impossibile che abbia potuto bruciare qualcuno con i gas di scarico.
D.
Potrebbe averlo fatto con il motore al massimo, dato che genera una lunga fiammata nella parte posteriore.
R.
Forse lei intende il post-bruciatore, ma le assicuro che, a parte il decollo, non ho più avuto la necessità di utilizzarlo.
D.
Non ha sparato con la mitragliatrice di bordo? Un colpo è finito proprio su quel tetto, c’è il buco.
R.
Sig. giudice, le armi di bordo sono scariche, vengono caricate con proiettili inerti solo per le missioni di addestramento al poligono di tiro e non era questo il mio caso; il cannoncino di bordo, inoltre, spara 4mila colpi al minuto, non avrebbe certo fatto un solo buco.
…e infine l’apoteosi….
D.
Nulla toglie che avrebbe potuto aprire il tettuccio e sparare con la sua pistola d’ordinanza!
R.
…!?!?!?…. in tempo di pace non abbiamo una pistola d’ordinanza e cmq non è possibile aprire il tettuccio in volo!!
Il Com.te di Stormo, il Com.te di Gruppo e l’Ufficiale di Sicurezza Volo, che avevano assistito all’interrogatorio (tutti e tre piloti molto più esperti di me), avevano sguardi che parlavano più delle parole che avevano speso per spiegare al giudice certi dettagli tecnici a supporto delle mie risposte e, visto il livello delle domande, ci tranquillizzammo un po’ tutti…. io più degli altri.
Come avrei potuto passare 3 metri sopra un tetto a oltre 800 km/h, con il post bruciatore inserito, aprire il tettuccio e sparare con la pistola fra i piedi di un malcapitato e poi proseguire tranciando i fili della corrente tornandomene tranquillamente a casa senza fare una piega??
Neanche Buck Rogers o Flash Gordon avrebbero potuto fare tanto, ma poi… è normale che uno vada in giro a sparare a qualcuno per il gusto di farlo?
Il giudice istruttore si rese ben presto conto che tutte le ipotesi formulate non reggevano e, in attesa dei risultati della perizia scientifica, mi disse che potevo riprendere le mie normali attività restando a disposizione per ulteriori chiarimenti, che non ci sarebbero mai stati.
La giornata finì al Circolo Ufficiali con una birra per tutti offerta da me, fra battute e canzonature dei colleghi che ridevano dell’interrogatorio al quale ero stato sottoposto e dalle mie risposte, sapientemente arricchite da Valter, che aveva assistito di persona.
Cos’era successo realmente si venne a sapere solo qualche giorno dopo.
I periti che avevano analizzato l’area, in particolare il famoso buco sul tetto, avevano trovato tracce e qualche frammento di un oggetto ferroso fuso, molto probabilmente di origine meteoritica.
In pratica, nell’esatto momento in cui stavo passando con il mio Spillone ai margini di Sibari, qualche decina o forse anche un centinaio di metri più in là, un meteorite aveva centrato in pieno i cavi della linea di corrente e un frammento era andato a conficcarsi sul tetto davanti ai piedi del poveretto.
A volte il destino è bizzarro, non mi ero accorto di niente e chissà quante volte ci capita di sfiorare la morte senza neanche accorgercene.
Se fossi stato colpito, mi avrebbe certamente abbattuto senza alcuna via di scampo; le mie spoglie ricomposte alla meglio e le cause dell’incidente catalogate come “errore umano” forse per imperizia, o per un malore, oppure una indisciplina di volo.
Se però avessero trovato anche il meteorite, allora sarei stato il primo terrestre caduto in una “guerra stellare”.
Caso chiuso.
(Un racconto di Roberto “Marinazz” Marinelli)