Skip to content Skip to footer

Franco Angelotti, ex-Socio dell’Aero Club Fano, ha voluto raccontare il suo “Diario di volo e di vita di un pilota di Aero Club” in un libro, edito dalla casa editrice Cartabianca. 

Abbiamo avuto il piacere sia di presentare il libro, insieme all’Autore e all’Editore, che anche di ospitare la presentazione presso il nostro Aero Club. La prima presentazione si è svolta venerdì 27 Settembre 2024 nella elegante cornice della Sala Rossa del Comune di Pesaro, la seconda il giorno dopo, Sabato 28 Settembre 2024, presso l’Aula Filippini dell’Aeroporto di Fano. 

Franco Angelotti decide di raccontare eventi di vita collegati al volo ma non necessariamente “di” volo, per condividere cosa ciascuna esperienza gli ha lasciato: nel libro c’è più della vita di Franco Angelotti che della sua attività di volo, dunque si scopre che c’è molto “volo” nella vita di Franco.


Iniziare dalla fine

Il libro inizia dalla fine: “E’ passato solo qualche giorno da quando ho comunicato all’Aero Club e all’istruttore che ho deciso di smettere di volare”. Scelta bizzarra ma importante perché quel momento segna l’inizio di una lunga riflessione sull’intera vita spesa a inseguire il sogno, divenuto realtà, di volare. 

Il libro inizia anche da un’altra fine, che segna tanto l’infanzia dell’Autore che la sua famiglia, la scomparsa tragica e di fronte ai suoi occhi, perché unico testimone diretto dell’accadimento, di chi lo avvia al volo: il nonno Nazzareno, una figura di nonno allegro, giocoso e mitico agli occhi di Franco bambino e dei suoi amici. Questo evento lo pone di fronte a un bivio: evitare con tutte le forze il volo, anche per cancellare il ricordo doloroso della scomparsa del nonno, oppure fare l’esatto contrario e proseguirne il sogno. Ovviamente, nessuno in quella situazione avrebbe desiderato avere un altro pilota in famiglia.

E dunque il nostro Autore fa il furbo, mescola le carte, elabora un trucco: non inizia subito a volare (e non potrebbe essendo ancora un bambino) ma parte dagli aeromodelli, la prende alla lontana e da li capisce che il volo è cosa complessa, delicata – soprattutto, capisce che ogni minimo errore può avere conseguenze terribili: partire dall’aeromodellismo lo ha aiutato poi, nella sua carriera di pilota e nella sua vita, a non sottovalutare la conseguenza di ogni pur piccola singola scelta.

Tuttavia,  la carriera da aeromodellista sarà breve: in qualche modo il volo quello vero si metteva ancora una volta di traverso e chiede di essere considerato appieno, non attraverso “giochetti”


Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi 

Non stupisce, ma non appena possibile e quindi a diciassette anni, Franco Angelotti non ce la fa più e scalpita: vuole iniziare a volare, si iscrive alla scuola di volo scavalcando a grandi falcate i problemi che la sua vita gli poneva: l’eredità psicologica dell’incidente accaduto al nonno Nazzareno, l’ovvio impegno economico che l’attività di volo avrebbe comportato. Il primo volo, a Fano, manco a dirlo conferma tutte le aspettative di meraviglia che Franco riponeva nel volo

La prima prova  concreta è però la crudeltà della visita medica: il grande istituto medico legale, le tante prove, l’immediata impressione di non essere “una macchina perfetta”. Se la visita medica per il servizio militare sarà per lui come per tutti un “buttadentro”, questa rischiava di essere un “buttafuori”: la sicurezza del volo parte proprio dal pilota, dal suo stato fisico e, trovandosi di fronte a un giudizio inappellabile, sorgono i dubbi su te stesso.

Ma superato quel primo problema arrivano le sensazioni dei primi voli, la scoperta dell’esistenza di una “terza dimensione” che il semplice guidare una macchina o una bicicletta non offre, il fatto che risulti percepibile come il risultato emerga dal coordinamento di una lunga serie di azioni, e che “il volo non si ferma” – ma soprattutto, sei costretto a “pensare in avanti”: quello che fai ora serve a fare quello che dovrai fare dopo, in un processo continuo di anticipazione “think forward” in inglese, e pianificazione “plan for the worst, hope for the best”.

E arriva dopo solo nove ore di lezione (un record per quei tempi e anche per oggi) il momento di staccare l’ombra da terra. E’ un momento che qualunque  pilota ricorda per tutta la vita: è più un punto di arrivo che di partenza, perché in fondo hai sognato quel momento per tutta la vita e ritieni letteralmente impossibile che possa un giorno accadere per davvero che tu stia volando. E il momento arriva, spesso del tutto inatteso, un po’ perché arrivati a quel punto non ti senti abbastanza pronto, un po’ perché gli stessi istruttori vogliono essere certi di non creare rischi e quindi tendono a non dare eccessive certezze all’allievo. E quindi l’Autore dice a sé stesso l’unica verità che tutti noi ci siamo ascoltati dire: ora sei  solo. La sensazione ha un picco nel momento in cui sei al punto di non ritorno: sei veloce, hai staccato le ruote da terra, è finita la pista, sei in alto, ti accorgi di essere in volo. In ciascuno di quei momenti sei in un misto di tensione, precisione, timore, gioia, orgoglio, responsabilità e c’è almeno un istante in cui pensi “ma chi me lo ha fatto fare!”

Una seconda visita medica, stavolta per il Servizio Militare porta l’Autore a  disobbedire a un ordine imponendosi e dicendo a chi scambiava un pilota per un paracadutista “io non volo con le lenzuola!”, un grande coraggio che fa emergere la personalità tenace, caparbia, estremamente focalizzata, di Franco, che rifiuterà un’offerta (che non si poteva rifiutare) e riceverà in cambio una punizione, spedito a far altro senza grande entusiasmo.

In tutta questa passione per il volo, però, non rientra come di consueto la classica aspirazione della massima parte di chi vuole fare il pilota: diventare un pilota militare o civile, inteso come trasporto passeggeri. L’esperienza Alitalia, l’ennesimo esame anche medico a tratti fastidioso e complesso, è positivo eppure nonostante tutto non si conclude con l’ingresso in compagnia. Se c’è una cosa che si nota subito, fra i militari di comando, dello Stato Maggiore, e i piloti comandanti, è che non portano gli occhiali. Si tratta in realtà di una misura cautelativa superabile e di fatto superata ma che in quel caso interruppe la possibilità di perseguire una carriera da pilota civile. Anche in quel caso, un piccolo trucco aiuta il nostro Autore a uscire dall’imbarazzo della situazione senza dichiarare come mai abbia – apparentemente – rifiutato di diventare pilota Alitalia!

Nei giorni degli esami per diventare pilota Franco ascolta Lucio Battisti e gli rimane impressa una canzone: Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi, estraendo dal testo di Mogol parole che lo motiveranno ulteriormente al volo e all’esplorazione aerea. 

Il libro prosegue raccontando la vita vera e propria di Franco Angelotti finalmente diventato pilota, fino al momento in cui, come anticipato in apertura del libro, smetterà di volare e passando attraverso le esperienze più varie, dal turismo ai viaggi lunghi ai voli in paesi lontanissimi fino alle gare e al volo di notte: quarant’anni sono tanti e il numero e il tipo di situazioni capitate nella vita di un pilota sono abbastanza da riempire anche più di un solo libro. 


A conclusione della presentazione del libro abbiamo posto una provocazione all’Autore e all’Editore: della giacca citata nel titolo del libro si parla poco ma forse è proprio quello il senso e perciò forse andrebbe invertito il titolo: le ali vincono sempre rispetto alla giacca e quella se ne rimane ben nascosta, protetta dalle ali. 

This Pop-up Is Included in the Theme
Best Choice for Creatives
Purchase Winger